Banksy diventa un marchio

 Il mondo della street art è finito nuovamente al centro dell’attenzione mediatica per una nuova vicenda riguardante il più noto tra i writers, lo sconosciuto e al tempo stesso famosissimo Banksy.

La società di diritto londinese incaricata della gestione e tutela dei diritti dell’anonimo artista, ha infatti promosso un’azione contro la società organizzatrice della mostra “The art of Banksy. A visual protest”, in corso presso il Mudec di Milano, lamentando l’uso non autorizzato del nome “Banksy” e l’utilizzo di alcune raffigurazioni delle sue opere nei materiali promozionali e di merchandising.

Prima di analizzare le problematiche derivanti dal caso specifico, occorre delineare e descrivere brevemente le criticità generali di natura giuridica che questa particolare forma d’arte è solita sollevare.

Anzitutto, vi è la questione legata al conflitto che può venirsi a creare tra l’autore dell’opera e il proprietario del bene sul quale viene realizzata. Può infatti sorgere un problema in merito alla proprietà dell’opera e alla titolarità dei diritti sulla stessa. 

Il punto centrale di tali problematiche riguarda la libertà del proprietario del muro sul quale l’opera è realizzata di poter disporne liberamente ed eventualmente anche disfarsene, modificarla o addirittura venderla traendone profitto. 

In secondo luogo, vi è la problematica riguardante la possibilità di richiesta di risarcimento del danno che il proprietario del bene su cui l’opera è stata realizzata può chiedere, e più precisamente la sua quantificazione. Infatti, la quantificazione del danno subito dal proprietario del muro su cui l’opera è stata realizzata, è inevitabilmente collegata alla determinazione del valore dell’opera stessa. 

Oltre a questi problemi di carattere generale, la street art è foriera di criticità riguardanti la difficoltà di applicazione della tutela del diritto d’autore a queste peculiari opere, ed in particolare crea numerosi dubbi relativamente allo sfruttamento commerciale di tali opere, essendo, vista la loro natura, difficile tutelarne l’integrità, la riproduzione e l’esposizione. 

Considerando la street art come una vera forma d’arte, è necessario prevederne la giusta tutela giuridica, delineando delle disposizioni normative che permettano l’applicabilità delle medesime tutele previste per le opere d’arte “classiche”.

E proprio la tutela di questi diritti è stata oggetto dell’azione promossa dalla società Pest Control Office Limited che come detto tutela oltre all’autenticità delle opere anche il marchio Banksy, la quale ha adito il tribunale di Milano promuovendo varie contestazioni relative proprio a violazioni circa la tutela del diritto d’autore e l’indebito sfruttamento del marchio.

La prima contestazione riguarda la legittimità dell’utilizzo del nome Banksy con riferimento al materiale promozionale della mostra. La Pest Control office Limited infatti, sosteneva che l’utilizzo del nome dell’autore come titolo della mostra potesse di fatto costituire un’ipotesi di sfruttamento improprio del marchio Banksy. L’ordinanza del tribunale ha respinto tale contestazione rilevando come l’utilizzo del nome dell’autore cui la mostra è dedicata nel materiale promozionale della mostra stessa, è una pratica del tutto “normale” che ha come scopo quello di “orientare il pubblico rispetto all’oggetto della stessa”.

La seconda contestazione avanzata riguarda la riproduzione di alcune delle opere più famose ed identificative dell’artista nel materiale promozionale. Anche per rispondere a tale contestazione il tribunale ha evidenziato come l’utilizzo delle opere nel materiale promozionale della mostra abbia uno scopo meramente descrittivo che “non propaganda prodotti della società organizzatrice della mostra, ma piuttosto è un tassello della comunicazione della mostra stessa” e ha quindi respinto anche questa seconda contestazione avanzata.

L’ordinanza del tribunale accoglie invece la contestazione della ricorrente relativa all’apposizione di segni identici ai marchi registrati sul materiale di merchandising promosso alla mostra.

La vendita di oggetti riportanti immagini identiche a quelle oggetto del marchio tutelato, configura una violazione dei diritti derivanti dalla registrazione stessa. Il giudice nell’argomentare questa decisione afferma che “posto che l’apposizione di tale segno (Banksy ndr) a prodotti del tutto generici e di comune consumo senza alcuna specifica attinenza all’ambito dell’esposizione rendono evidente che la sola apposizione del nome in questione ne caratterizza integralmente l’aspetto distintivo”, e vieta di conseguenza la vendita di prodotti che riproducessero il marchio Banksy.

Questa ordinanza costituisce costituisce una delle prime pronunce riguardanti il diritto d’autore relativamente alle opere artistiche di street art, ed è inevitabilmente destinata ad essere il punto di partenza dal quale ci si muoverà per espandere le tutele delle opere di street art.

In un’ottica di analisi più squisitamente dottrinale, rileva come elemento di notevole importanza la puntualizzazione effettuata dal giudice che nell’ordinanza riporta come la street art  risulterebbe “caratterizzata dalla realizzazione in luogo pubblico di un’opera che implicherebbe in sé per un verso la pubblica e libera esposizione della stessa in rinuncia delle prerogative proprie della tutela autoriale e sotto altro profilo la natura effimera dell’opera stessa, in un contesto ideologico di diretta contestazione del diritto d’autore e/o dei circuiti commerciali propri di tale settore”.

Questa interpretazione, ha visto schierarsi in due opposte fazioni i tecnici della materia provocando numerosi dubbi e perplessità. 

Indipendentemente dalla posizione giuridica assunta dal giudice nel caso di specie, è facilmente ipotizzabile che questo argomento sarà ancora oggetto di numerose decisioni ed interpretazioni destinate ad alimentare ulteriormente il dibattito acceso da questa sentenza.

Invero l’arte di strada sta prendendo sempre più piede, ed è sempre maggiormente riconosciuta dai più alla stregua di un’opera d’arte classica, inevitabili saranno dunque le richieste di tutela promosse da artisti e collezionisti.

Sebbene la richiesta di tutela promossa da Banksy possa apparire come distante dal messaggio che con la sua arte ha sempre voluto comunicare, è innegabile che la logica sottesa all’ordinanza emessa dal Tribunale in risposa a tale istanza, comporterà una maggior tutela per tutti i writers che al contrario di Banksy non hanno la necessità di rimanere anonimi.  Infatti, potranno vantare diritti di riproduzione sulle proprie opere anche se ne hanno già ceduto la proprietà.

Il riconoscimento della street art come una regolare, seppure particolare forma d’arte, è, a parere di chi scrive, sintomatico dell’evoluzione socio-culturale che caratterizza i nostri tempi.

Sarebbe infatti impossibile pensare, che in un’epoca in cui tutto costantemente cambia e dove la velocità è assurta a principale virtù, il mondo dell’arte possa non subire alcuna modificazione, anche importante.

La street art va quindi a pari passo con l’evoluzione tecnologica che nell’ultimo decennio ha comportato cambiamenti di abitudini e consuetudini comportamentali che si pensavano assodate ed immutabili.

La street art è in sostanza la risposta dell’arte all’evoluzione digitale.

Con questa ordinanza pronunciata dal Tribunale, si è cristallizzata la già preesistente consapevolezza che la street art deve a tutti gli effetti essere considerata arte, e in virtù di ciò deve poter essere tutelata sia l’opera in sé, sia l’artista che la crea.

Giovanni Brancalion Spadon

Giovanni Brancalion Spadon

Nato a Venezia, ha studiato presso l’Università di Bologna e presso l’UCLA California, è iscritto all’Albo Avvocati di Venezia dal 2004. Dopo la laurea ha conseguito un master in Diritto delle Nuove Tecnologie, uno in Diritto Ambientale e uno in Diritto d’Autore e dello spettacolo e si è specializzato in Blockchain Technologies presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston. Docente presso la Business School dell’Università Ca’Foscari di Venezia, collabora con istituti di formazione per le materie connesse al diritto delle nuove tecnologie, alla privacy e alla blockchain e relative applicazioni, all’amministrazione digitale; è consulente di P.A. per la digitalizzazione e l'adeguamento GDPR. Socio fondatore di Porto4, è dedicato principalmente ai programmi 4ANALYSIS - analisi strategica d'Impresa, 4 GDPR  e 4FORMAZIONE - per la diffusione della cultura legale nelle imprese. Da oltre 15 anni opera nel diritto delle nuove tecnologie, industriale, d’autore e societario. E’ interessato ai processi d’innovazione in ogni ambito, appassionato d’arte contemporanea e insegna teatro.