[NFT e Arte digitale] Come la rarità incide sul valore di un NFT?

Gli elementi che influiscono sul valore economico di un’opera d’arte digitale sono cinque: immaterialità, ownership, rarità, liquidità e utilità.

Oggi parleremo del terzo degli elementi che influiscono sul valore degli NFT: la rarità.

Negli ultimi anni, l’industria dei crypto asset ha assistito a una tendenza in rapida crescita con l’emergere dei Non-Fungible Token (NFT) 

I token in generale rappresentano una tipologia di asset digitale che utilizza la tecnologia blockchain per garantire l’autenticità, la tracciabilità e la proprietà di un determinato oggetto virtuale; se a questi elementi aggiungiamo l’unicità otteniamo un NFT. 

L’elemento che caratterizza un NFT rispetto agli altri token digitali è la non fungibilità.

In sostanza, se i normali token digitali sono beni che possono essere sostituiti da altri identici senza che ciò comporti una differenza sostanziale (il denaro è un altro esempio di bene fungibile), gli NFT per loro architettura digitale intrinseca (ERC-20, ERC-721) sono unici e non sostituibili (come potrebbe esserlo un’opera d’arte originale). 

Questa caratteristica tipica degli NFT ci consente di ricondurre questa tipologia di token al concetto economico di “scarsità digitale”. In questo articolo, esploreremo il concetto di scarsità digitale e come si applica agli NFT. 

 

Cos’è la scarsità digitale?

Nel mondo digitale la norma è la replicabilità (a costo tendente a zero) degli oggetti digitali e l’eccezione è la scarsità.

Un oggetto digitale (una foto, un software, un brano musicale), infatti, può essere duplicato all’infinito senza poter distinguere l’originale dalle copie. La conseguenza di questa caratteristica è l’annullamento del valore intrinseco dell’oggetto digitale a favore del servizio di fruizione (si pensi al passaggio epocale da CD musicali ai servizi in streaming e a come l’industria musicale ha dovuto ridisegnare il proprio modello d’impresa). 

Come avviene la creazione di un oggetto digitale unico e non replicabile? 

L’identificatore unico viene creato durante il processo di generazione dell’NFT e può essere incorporato direttamente nel token stesso. Ad esempio, su blockchain come Ethereum, gli NFT sono spesso implementati come token conformi allo standard ERC-721 o ERC-1155, e ciascun token ha un identificatore unico chiamato “Token ID“. Questo Token ID è un numero intero assegnato in modo univoco a ciascun NFT.

La non duplicabilità dell’identificatore unico di un NFT è garantita dalla tecnologia blockchain sottostante: quando un NFT viene creato e registrato sulla blockchain, l’identificatore unico associato a esso viene immutabilmente inciso nel registro distribuito della blockchain. Questo significa che l’identificatore unico, e la sua corrispondente registrazione sulla blockchain, non possono essere modificati o replicati senza il consenso e la partecipazione della rete di nodi che sostiene la blockchain.

L’uso di algoritmi crittografici come l’hashing o la firma digitale, può garantire che l’identificatore unico sia univoco e non duplicabile. La combinazione di tecnologie blockchain, smart contract e identificatori unici contribuisce a garantire che ogni NFT sia unico e autentico, prevenendo la replicazione e la duplicazione non autorizzate. 

Sotto un profilo economico introdurre la caratteristica di unicità in un oggetto digitale significa poter attribuire un valore a quell’oggetto che va oltre alla possibilità di fruirne il contenuto ma corrisponde alla possibilità di possederlo, collezionarlo, cederlo (esattamente come avviene per le opere d’arte, che possono essere fruite o fruite e possedute, si legga l’articolo “Che cosa determina il valore di un NFT?“).

Se l’offerta di un particolare NFT è limitata e la domanda aumenta, il suo valore di mercato sale, inoltre, la scarsità digitale promuove la creazione di opere d’arte digitali uniche e originali, spingendo gli artisti a esplorare nuovi orizzonti creativi.

 

Giovanni Brancalion Spadon

Giovanni Brancalion Spadon

Nato a Venezia, ha studiato presso l’Università di Bologna e presso l’UCLA California, è iscritto all’Albo Avvocati di Venezia dal 2004. Dopo la laurea ha conseguito un master in Diritto delle Nuove Tecnologie, uno in Diritto Ambientale e uno in Diritto d’Autore e dello spettacolo e si è specializzato in Blockchain Technologies presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston. Docente presso la Business School dell’Università Ca’Foscari di Venezia, collabora con istituti di formazione per le materie connesse al diritto delle nuove tecnologie, alla privacy e alla blockchain e relative applicazioni, all’amministrazione digitale; è consulente di P.A. per la digitalizzazione e l'adeguamento GDPR. Socio fondatore di Porto4, è dedicato principalmente ai programmi 4ANALYSIS - analisi strategica d'Impresa, 4 GDPR  e 4FORMAZIONE - per la diffusione della cultura legale nelle imprese. Da oltre 15 anni opera nel diritto delle nuove tecnologie, industriale, d’autore e societario. E’ interessato ai processi d’innovazione in ogni ambito, appassionato d’arte contemporanea e insegna teatro.